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Biraghi: «Abbiamo un obiettivo importante...».

  • Daniele Nordio
  • 4 ott 2018
  • Tempo di lettura: 4 min

Oggi sul QS-La Nazione a firma di Angelo Giorgetti c'è una bella intervista al terzino sinistro della Fiorentina Cristiano Biraghi che parla del suo amore per la Fiorentina, l'obiettivo posto dalla squadra per ricordare Astori, il possibile passaggio la scorsa estate al Milan e stoppato sul nascere.

Ecco alcuni passaggi.

Partiamo da Davide Astori.

«Nello spogliatoio ricordiamo sempre che abbiamo un lavoro da completare per Davide. Lui parlava poco, ma sapeva toccarti. Ci ha lasciato in eredità il rispetto, la passione e l’umiltà, ingredienti che noi cerchiamo sempre di mettere in campo. Ci possono essere errori tecnici, ma quelle tre cose non devono mancare. Mai».

Vero che in estate l’hanno cercata anche altre squadre?

«Mi voleva il Milan».

Com’è andata?

«Ho parlato con Pioli, ho chiesto se aveva fiducia in me e lui mi ha risposto di sì. Avere fiducia non significava mica avere il posto fisso da titolare, non chiedevo questo. Volevo sapere se ero di troppo, in quel caso avrei tolto il disturbo, ma ho capito subito che non era così».

E com’è andata con il Milan?

«Ho chiamato il mio procuratore e gli ho detto di rispondere no grazie, prima ancora di cominciare la trattativa».

Già un gol e due assist contro una rete e cinque assist della scorsa stagione. Più la convocazione in Nazionale. Scelta felice, quella di restare.

«Era quello che volevo, tutti qui sappiamo che c’è un cammino da completare, una partita dopo l’altra uscendo sempre dal campo con la maglia sudata, dopo aver dato tutto. I tifosi l’hanno capito e ci sono vicini, siamo orgogliosi di aver riportato entusiasmo. Il nostro è un dare per avere il loro contributo, la loro passione».

A proposito di Nazionale: il suo procuratore ha detto che in molti avrebbero dovuto rimangiarsi le cattiverie pronunciate sul suo conto.

«Non leggo mai niente. Vivo con il paraorecchie e il paraocchi, sono abituato a seguire solo la mia strada. Ho trovato equilibrio, gli altri facciano e dicano quello che vogliono, io non li ascolto. Diciamo che sono impermeabile alle critiche e agli elogi, anche se ovviamente questi ultimi fanno piacere. Ma davvero mi isolo e ascolto i consigli di pochissime persone: il mio allenatore, lo staff, chi mi vuol bene davvero. Magari a qualcuno posso non piacere, pazienza, ma sono fatto così e non cambio. Del resto sono nato in un posto dove questa era la regola».

In che senso?

«Periferia di Milano, la vita lì non era in giacca e cravatta. Fin da ragazzino capivi che dovevi rispettare tutti, ma dare confidenza a nessuno».

Se non avesse sfondato nel calcio che mestiere avrebbe voluto fare?

«Il benzinaio. Da piccolo mi piaceva come idea, a casa non avevamo attività di famiglia e allora... Ma poi ho capito che la mia passione era quella di fare il calciatore. E che magari potevo riuscirci».

Atalanta, Inter, Juve Stabia, Cittadella, Catania, Chievo, Granada, Pescara, poi la Fiorentina. A 26 anni ha già girato nove squadre.

«Ero in orbita Inter, restavo sempre in prestito un anno. Ma sono contento di aver conosciuto tante persone e aver fatto anche un’esperienza all’estero».

Parliamo di campo e anche di concorrenza. Ce n’è per tutti, compreso lei: Pioli considera Hancko un nuovo Milenkovic.

«La concorrenza è fondamentale per una squadra che vuole avere ambizioni. La stagione è lunga e ci possono essere momenti di crisi per chiunque. Il bello di questo gruppo è che ci sentiamo tutti titolari a prescindere da chi gioca di più o meno. E se ti applichi sempre al 100 per cento in allenamento poi dai il 110 per cento in partita. Giusto così, mi piace, il bene della squadra viene sempre prima dell’interesse del singolo».

Certo che il suo amico Gollini domenica stava per farle un pessimo scherzo.

«Quando ha respinto la palla l’ho infamato da lontano, ma posso permettermerlo, l’ho conosciuto in Nazionale e siamo in buoni rapporti... Poi la tecnologia mi ha dato il gol, meno male».

Certo che pochi difensori calciano le punizioni come lei: corso intensivo per disegnare traiettorie perfide?

«Il calcio è fatto di dettagli, con l’impegno si può sempre migliorare».

Anche la sua fase difensiva può migliorare?

«Certo che sì, sono più portato ad attaccare e un po’ meno bravo a difendere. Lo so bene. Dipende dagli avversari, dalle situazioni, dovrò crescere ancora da questo punto di vista. Il mio istinto comunque è quello di spingere e il modulo di Pioli in un certo senso mi incoraggia».

Domenica c’è la Lazio e in trasferta avete messo insieme solo un punto in tre partite...

«Abbiamo giocato contro Napoli, Samp e Inter, squadre di alto livello. Ma le prestazioni sono state sempre buone e la Lazio sta vivendo un momento complicato dopo la sconfitta nel derby. E poi avrà anche l’impegno di Europa League. Se c’è un vantaggio cercheremo di prendercelo».

La società ha cambiato atteggiamento e ora interviene a gamba tesa a livello mediatico quando c’è necessità. La squadra si sente più protetta?

«Le dichiarazioni del presidente Cognigni dopo Milano e quello che è successo per Chiesa hanno colpito un po’ tutti. Sembra che la società ora sia più vicina alla squadra, ma la verità è che per noi il sostegno non è mai mancato. Ci siamo sentiti sempre protetti».


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